LLM come avatar testuali: una prospettiva semiotica

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Un volto umano composto pa stringhe di lettere e parole

La semiotica, disciplina che studia i segni e i processi di significazione, offre strumenti preziosi per comprendere le trasformazioni del linguaggio nell’era digitale. In questo contesto, l’idea di avatar testuale può essere declinata come simulacro: un dispositivo discorsivo che prende forma nella scrittura, proiettando una presenza che non coincide con il soggetto reale, ma ne evoca e media l’identità.

Se gli avatar digitali tradizionali sono rappresentazioni grafiche o iconiche, nel caso dei Large Language Models (LLM) la questione si sposta sul piano verbale: un LLM genera risposte testuali che assumono i tratti di una voce autonoma, una maschera linguistica che entra in dialogo diretto con l’utente.

LLM come avatar testuale.

Un Large Language Model (LLM), genera testo simulando un soggetto parlante. Questo permette di considerarlo, da un punto di vista semiotico:

  • Un simulacro discorsivo → non è una persona ma un “attore semiotico” che produce enunciati coerenti con un ruolo.
  • Un avatar testuale dinamico → non rappresenta una singola identità, bensì una maschera fluida, costruita di volta in volta in base al contesto e alla domanda.
  • Un dispositivo interattivo → non si limita a proiettare un’immagine fissa, ma dialoga, quindi è un avatar che “vive” nella relazione.

Gli LLM sono a tutti gli effetti sono avatar testuali. Non semplici generatori di frasi, ma entità discorsive che agiscono nel contratto comunicativo come rappresentazioni linguistiche autonome, pur sempre in relazione diretta con un referente umano. La loro natura di avatar non risiede in un’identità propria, bensì nella capacità di costruire enunciazioni credibili e culturalmente situate, assumendo di volta in volta il ruolo che l’interazione richiede.

In questo senso, l’LLM non è soltanto uno strumento tecnologico: è un avatar testuale dinamico, capace di trasformarsi, adattarsi e mediare tra l’universo dei segni e l’esperienza dell’utente.

Analisi enunciativa.

L’analisi enunciativa permette di osservare come l’LLM costruisca il proprio discorso: l’uso dei pronomi, i registri stilistici, la gestione dei turni di parola. Tutti elementi che contribuiscono a produrre l’effetto di un soggetto parlante. Tuttavia, questo soggetto non preesiste: emerge nel momento dell’interazione, come risposta situata all’input dell’utente.

Contratto comunicativo.

Perché questo processo funzioni, è necessario un contratto comunicativo: l’utente accetta di attribuire una forma di soggettività alla macchina, riconoscendole il ruolo di interlocutore valido. È un vero e proprio atto di fiducia semiotica: non crediamo che l’LLM “sia una persona”, ma accettiamo di dialogare con esso come se lo fosse. È in questa sospensione di incredulità che l’avatar testuale prende vita.

Dimensione culturale.

Ogni avatar, digitale o testuale, non è mai neutro: riflette e produce significati entro una cornice culturale. L’LLM, allenato su vaste collezioni di testi, diventa un nuovo mediatore tecnologico:

  • incarna e rielabora pratiche discorsive già sedimentate nella cultura;
  • permette nuove forme di interazione, dall’assistenza quotidiana alla produzione creativa;
  • ridefinisce la relazione tra umano e macchina, introducendo un interlocutore che è allo stesso tempo strumento e soggetto discorsivo.

Conseguenze semiotiche.

  • L’avatar testuale generato da un LLM è situazionale, non identitario: cambia a seconda del contesto e delle istruzioni ricevute.
  • C’è sempre un doppio livello di referenzialità:
    • il referente umano reale (colui che dialoga),
    • il simulacro discorsivo (la “voce” che appare).
  • Si genera una forma di enunciazione condivisa, dove la macchina “parla come se fosse un soggetto” ma in realtà canalizza (e trasforma) l’enunciazione dell’umano.

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