IA: un approccio umanistico tra tecnologia, conoscenza e identità.
L’intelligenza artificiale non è solo una questione di calcolo, automazione e prestazioni. È un fenomeno profondamente umano, perché nasce da ciò che facciamo, si nutre di ciò che sappiamo e influisce su ciò che siamo.
Guardare l’IA con uno sguardo umanistico significa affrontare tre livelli interconnessi: tecnologia, epistemologia e ontologia.
Un approccio umanistico all’IA non si limita a un’etica di controllo, ma abbraccia la complessità dell’esperienza umana. Perché l’intelligenza artificiale, al di là del codice, è uno specchio di ciò che sappiamo, facciamo e siamo. E, forse, anche di ciò che possiamo diventare.
Ciò che si fa: tecnologia
Nel cuore dell’IA ci sono algoritmi, dati, modelli addestrati e infrastrutture complesse.
È ciò che si fa: sistemi che apprendono, automatizzano compiti, supportano decisioni. Le aziende costruiscono workflow intelligenti e adottano strumenti in grado di ottimizzare processi e generare nuove forme di valore.
Ma la tecnologia e la tecnica, da sole, non bastano: vanno guidate con senso di responsabilità e governate con lungimiranza.
Ciò che si sa: epistemologia
L’IA si basa su ciò che sappiamo e su come organizziamo informazioni e cultura.
Da un lato, i dati raccolti e gestiti dai sistemi automatici sono la materia prima per il machine learning. Dall’altro, servono competenze umane per interpretare, ottimizzare e modellare i dati e i risultati. La conoscenza aziendale si trasforma: non è più solo dominio di esperti, ma viene incorporata nei modelli e flussi di lavoro semplificati. L’epistemologia dell’IA ci impone di riflettere su che tipo di conoscenza costruiamo e trasmettiamo nei sistemi intelligenti.
La conoscenza aziendale è fatta di asset informativi e documentali che incorporati in sistemi di IA, come i RAG, permettono di creare conversazioni intelligenti. Le competenze vengono così distribuite in un dialogo continuo tra macchine e umani.
Non sta cambiando solo la tecnologia in modo frenetico. È la cultura dell’intera società e delle organizzazioni che è costantemente sollecitata al nuovo e all’imprevedibile. Questo cambiamento impone di rivedere ruoli e competenze nelle aziende e in ogni settore umanistico.
Ciò che si è: ontologia
L’IA modifica il modo in cui ci costruiamo il nostro modo di pensare e immaginare, fino a influenzare la nostra identità.
Gli utenti non sono più solo fruitori, ma co-autori di interazioni con macchine sempre più autonome. Le “macchine culturali“, dotate di capacità decisionale, sollevano interrogativi sull’intenzionalità e sull’etica delle azioni artificiali. I brand vengono trasferiti in forme digitali capaci di relazionarsi e generare valore dalle interazioni automatizzate.
Anche i ruoli umani cambiano nelle organizzazioni: l’identità professionale si adatta, si arricchisce, a volte si ridefinisce. L’ontologia dell’IA è il terreno più profondo: ci costringe a chiederci cosa significa essere umani in un mondo dove anche le macchine “agiscono” acquisendo nel tempo facoltà e identità, sociale e giuridica.