L’evoluzione silenziosa del nostro modo di comunicare.
Ricordi quando “googlare” non era un verbo? O quando nessuno “scrollava” sui social? La lingua è sempre stata un organismo vivo, ma negli ultimi anni stiamo assistendo a qualcosa di nuovo, senza precedenti: la nascita di linguaggi ibridi che emergono dall’interazione quotidiana tra esseri umani e intelligenze artificiali.
Non si tratta solo di nuovi termini tecnici o gergali, ma di un fenomeno più profondo che sta plasmando il modo in cui formuliamo i pensieri, strutturiamo le frasi e comunichiamo le emozioni. Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo idioma digitale che non è né interamente umano né completamente artificiale.
Il “prompt-speak”: quando parliamo come programmiamo
Hai mai notato come stai iniziando a strutturare le tue frasi in modo diverso rivolgendoti a Alexa, ChatGPT o Claude? Il fenomeno, che alcuni linguisti chiamano “prompt-speak“, sta silenziosamente influenzando anche le nostre conversazioni umane.
La sintassi che usiamo con i modelli AI la stiamo gradualmente portando nelle conversazioni reali. Frasi brevi, parole chiave in posizioni strategiche, istruzioni estremamente specifiche. È come se stessimo inconsciamente adattando la nostra comunicazione a un formato che le macchine possono comprendere meglio.
Questo fenomeno è particolarmente evidente nella generazione Z e Alfa, cresciute in simbiosi con assistenti AI. Recenti ricerche hanno rilevato che il 68% degli adolescenti modifica la propria struttura sintattica quando passa dalla comunicazione con umani a quella con AI e, cosa più interessante, più del 40% mantiene alcune di queste modifiche anche nelle interazioni umane successive. Non è così sorprendente: anche le generazioni precedenti hanno introdotto nel linguaggio corrente terminologie derivate dalle interazioni tecnologiche.
Neologismi al confine tra mondi
Il lessico quotidiano si sta arricchendo di termini che nascono da questa ibridazione:
- Hallucinating: non più solo un termine tecnico per indicare quando un’AI genera informazioni false, ma entrato nel gergo comune per descrivere quando qualcuno inventa dettagli o esagera una storia
- Tokenizzare: scomporre un problema complesso in elementi più semplici e affrontarli uno alla volta
- Prompt-bombing: l’atto di sommergere qualcuno di richieste irrilevanti per evitare di affrontare un argomento
- Fine-tunarsi: adattare rapidamente il proprio comportamento o linguaggio a un nuovo contesto sociale
È affascinante vedere come termini nati nel contesto dell’addestramento dell’AI vengano risemantizzati nelle conversazioni umane. Non importa più se capisci i dettagli tecnici dietro parole come ‘tokenizzare’ o ‘embeddings’; sono entrate nel vocabolario comune con significati leggermente modificati ma culturalmente rilevanti.
L’emoji come ponte interspecifico
Paradossalmente, mentre le AI diventano sempre più sofisticate nella comprensione del linguaggio naturale, noi umani stiamo adottando sempre più simboli, abbreviazioni ed emoji nella comunicazione. Questa convergenza crea un terreno comune dove linguaggio umano e comprensione artificiale si incontrano.
Le emoji, in particolare, stanno assumendo un ruolo interessante come “ponte semiotico” tra comunicazione umana e artificiale. Mentre inizialmente erano utilizzate principalmente dagli umani per aggiungere contesto emotivo ai messaggi digitali, ora vengono sempre più incorporate dalle AI per simulare risposte emotive, e dagli umani per comunicare in modo più efficiente con i sistemi di intelligenza artificiale.
La combinazione 🤔✨, ad esempio, è emersa come un modo per segnalare alle AI generative che si desidera una risposta più creativa o non convenzionale a una domanda.
Lo slang interspecifico
Nelle comunità online dedicate all’AI generativa, sta emergendo uno slang specifico che fonde terminologia tecnica, meme internet e riferimenti culturali pop.
Ad esempio:
- Jailbreak-Era: riferito a un periodo in cui un particolare modello AI era facilmente manipolabile
- Ghost-token: parola che apparentemente innesca risposte inaspettate in un modello AI
- Prompt-whisperer: persona particolarmente abile nel comunicare con i modelli AI
Questo gergo non solo serve come identificatore sociale all’interno di queste comunità, ma sta anche iniziando a filtrare nei contesti mainstream, con influencer e creatori di contenuti che introducono questi termini ai loro pubblici.
Implicazioni culturali e cognitive
Questa evoluzione linguistica solleva domande affascinanti sul futuro della comunicazione umana.
Stiamo assistendo a un impoverimento del linguaggio o a un suo arricchimento? Le strutture linguistiche ottimizzate per la comunicazione con l’AI stanno riducendo la complessità e la ricchezza delle nostre espressioni o stanno semplicemente aggiungendo un nuovo registro al nostro repertorio comunicativo?
Alcuni studi preliminari suggeriscono che l’esposizione regolare alla comunicazione con l’AI potrebbe influenzare non solo il nostro modo di parlare, ma anche il nostro modo di pensare.
La tendenza a strutturare i pensieri in modo più algoritmico, a preferire la chiarezza rispetto all’ambiguità poetica, potrebbe rappresentare un cambiamento cognitivo sottile ma significativo.
Verso un futuro di comunicazione ibrida
Mentre guardiamo al futuro, è probabile che questa ibridazione linguistica si intensifichi. Con l’aumento degli assistenti AI nella vita quotidiana e nei contesti professionali, la linea tra il modo in cui comunichiamo con le macchine e il modo in cui comunichiamo tra noi diventerà sempre più sfumata.
Le giovani generazioni, in particolare, stanno crescendo in un ambiente dove la comunicazione con entità non umane è normalizzata. Per loro, adattare il proprio linguaggio a diversi interlocutori, umani o artificiali, sarà una competenza innata piuttosto che un adattamento consapevole.